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Smart working in Italia: cosa fanno le società di ingegneria?

In Italia si è toccato il record di diffusione con 305 mila lavoratori dello smart working. Ma chi è che sta aprendo la strada e con quali soluzioni? I casi Maire Tecnimont e Saipem sono stati analizzati da ingegneri.info

 

Ingegneri che lavorano da casa senza l’obbligo di recarsi in ufficio. Riduzione del pendolarismo e più tempo a disposizione per dedicarsi alla famiglia o alle proprie passioni. Dopo il recente annuncio di Fca, che ha deciso di introdurre lo smartworking nella società Iuvo specializzata in robotica – si torna a parlare di lavoro agile in azienda e dei suoi benefici per il personale.
In Italia nel 2017 si è toccato il record di diffusione del fenomeno: ben 305 mila lavoratori (l’8%) é coinvolto in soluzioni smart. In particolare sono le grandi aziende ad essere in prima linea nella promozione di queste nuove forme di lavoro. Secondo l’Osservatorio del Politecnico di Milano il fenomeno è destinato a crescere: in soli due anni sono passate dal 17% al 36% del totale le grandi imprese ad aver introdotto progetti strutturati di smart working. Il 16% sta pianificando di introdurli e un 35% pensa di farlo entro i prossimi anni. Ma qual è la situazione nei più grandi studi ingegneristici italiani? Possiamo dire che seppur gradualmente la novità normativa sia stata assorbita. Iniziano infatti a moltiplicarsi i progetti cuciti su misura sulle esigenze dei dipendenti e collaboratori.

Il caso Maire Tecnimont

Prendiamo ad esempio le prime otto società italiane di ingegneria per fatturato. Parliamo di aziende da migliaia di dipendenti come Saipem, Proger spa, Geodata Engineering, Dba group e Italconsult.

Tra queste spicca la best practice di Maire Tecnimont che ha deciso dallo scorso novembre di adottare un nuovo modello di gestione del personale. Un modo – fanno sapere dall’azienda – per valorizzare le proprie risorse, attraverso una rivisitazione degli spazi interni in nome della massima flessibilità. Il progetto, che coinvolgerà progressivamente i 1.800 dipendenti delle sedi milanesi a partire dal primo gruppo pilota di 200 persone, prevede la possibilità di lavorare da remoto fino a quattro giorni alla settimana.

L’iniziativa che ha un costo complessivo pari a 5 milioni di euro in due anni comprende anche una serie di adeguamenti tecnologici, interventi strutturali e l’organizzazione di momenti di formazione per il personale. Centrale anche la rivisitazione degli spazi di lavoro: la mensa aziendale, ad esempio, con più di 500 sedute e 5 sale riunioni multimediali, non sarà più una semplice area per la pausa pranzo, ma diventerà un vero e proprio luogo di lavoro e di incontro. Il passo successivo in questa direzione è la creazione di “MEETinG” – Maire Tecnimont Hub Garibaldi: l’intera Hall del complesso si trasformerà in uno spazio di coworking aperto alla città, dotato di circa 200 tra postazioni e aree riunioni, in un ambiente che favorisce il confronto e lo scambio di idee. «Siamo pronti – ha spiegato il presidente di Maire Tecnimont, Fabrizio Di Amato, durante la presentazione del progetto – a condividere la nostra esperienza le nostre capacità e i nostri spazi con la città di Milano, il luogo ideale per implementare una nuova cultura del lavoro finalizzata a incrementare la nostra produttività, migliorare la qualità di vita, contribuire alla sostenibilità».

Il caso Saipem

Così come Maire Tecnimont anche il colosso del settore petrolifero Saipem sta sperimentando. La società specializzata in infrastrutture per l’industria petrolifera ha aperto nell’agosto 2016 un laboratorio nella sede di San Donato Milanese. I dipendenti sono giovani talenti selezionati dall’azienda a cui viene chiesto di dedicarsi a task specifici. In questo caso più che un vero e proprio progetto di smartworking è stata garantita una massima flessibilità di orario come spiegato dallo stesso Antonio Careddu EVP Strategie, Innovazione e ICT di Saipem. La fabbrica si caratterizza infatti per l’approccio ‘liquido’ al lavoro: non conta tanto il tempo passato in ufficio quanto la realizzazione degli obiettivi. Con l’intento anche di costruire, progetto dopo progetto, una vera rete collaborativa tra università, centri di ricerca e startup.

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