da Federchimica

Lamberti (Federchimica): “L’Europa è un orizzonte, non un confine”

Riportiamo il discorso che il 4 giugno scorso ha tenuto Paolo Lamberti, Presidente di Federchimica, nel corso dell’Assemblea 2018 dell’Associazione.

Autorità, gentili ospiti, cari amici e colleghi,

ciascuno di noi in questi mesi di grandi cambiamenti a livello mondiale, europeo e italiano si è sforzato di riflettere su come questi possano impattare sulla propria vita e su quella dell’impresa in cui lavora.

Gli ultimi dieci anni ci hanno dimostrato che quello che accade nel Mondo ci riguarda molto più di prima, direttamente come persone e come imprese.

Questa è – in sintesi – la Globalizzazione e non si può fermare!

Possiamo cercare di trarne vantaggio, ma non possiamo certo contrastarla.

A seguito dell’ultima grande recessione e della Nuova Globalizzazione si sono, però, create rilevanti criticità.

Ad esempio, quella tra un Nord sostenuto dalle esportazioni e un Sud con consumi falcidiati dalla recessione; o il dramma dei nostri giovani che faticano ad entrare nel mondo del lavoro.

In generale, una fascia spesso maggioritaria dei cittadini non si è sentita sufficientemente protetta e rassicurata dai governi e ha sviluppato diffidenza, se non avversione, per le Istituzioni di rappresentanza tradizionali.

Le fragilità create dalla crisi sono state meglio capite e interpretate da leader e movimenti che vengono chiamati, di volta in volta, populisti o sovranisti e che si presentano con volti e strumenti diversi: i dazi e l’idea di America First negli Stati Uniti, i vincoli alla circolazione delle persone a seguito della Brexit, la chiusura all’immigrazione nei paesi dell’Est europeo, la richiesta di un sistema di welfare più inclusivo e generoso in Italia.

Stanno emergendo aspetti che toccano da vicino il mondo industriale e che sono fonte di grande preoccupazione.

Come Presidente di Federchimica penso, ad esempio, ad un Governo e ad un Parlamento mossi, ancor più che in passato, da un approccio emotivo e non scientifico alle tematiche della sicurezza, salute e ambiente, orientati a penalizzare inutilmente i settori energivori (come se si potesse fare a meno di essi) e che nel recepire le Direttive europee le rendono più restrittive con il pretesto di volerle migliorare.

 

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Andando controcorrente, abbiamo voluto oggi dare centralità all’Europa, perché per noi l’Europa è un orizzonte e non un confine.

Abbiamo bisogno di più Europa anche se, certamente, di un’Europa migliore.

Desidero innanzitutto ringraziare per il contributo di idee che ci daranno i nostri autorevoli ospiti: il Presidente Tajani, il Presidente di BusinessEurope Marcegaglia e il nostro Presidente Boccia.

Per noi imprenditori, imprese, cittadini, non è pensabile chiudere le frontiere, ristabilire le dogane, tornare ad una moneta nazionale, limitare con vari e vecchi artifizi il commercio intra-comunitario.

Chi lo vorrebbe si domandi che cosa sarebbe il nostro Paese senza Europa e senza Euro!

La Chimica in Italia vale 55 miliardi di euro, di cui 30 miliardi destinati alle esportazioni, dove l’Europa pesa più del 61%.

Inoltre, 20 miliardi di euro, pari a oltre il 35% della produzione totale, sono rappresentati da imprese a capitale estero; queste investono ben 170 milioni in Ricerca e Sviluppo e alcune di esse hanno scelto l’Italia per i loro centri di ricerca d’eccellenza mondiale.

Non essere in Europa significa perdita di competenze, perdita di investimenti e soprattutto perdita di posti di lavoro.

Il mercato unico, con le sue quattro libertà fondamentali, non deve quindi essere compromesso. Non si deve restringere la libertà alla circolazione delle persone, né delle merci, dei servizi e dei capitali. Anzi, il contrario: vogliamo un’Europa che tolga ostacoli, balzelli inutili, impicci amministrativi tra i suoi Stati membri.

Come ha ben detto il Presidente Boccia non si deve mettere in discussione il principio che solo insieme – noi e l’Europa – potremo continuare a generare benessere e coesione sociale.

È evidente, però, che su molte politiche (come ad esempio per noi quelle industriali, ambientali, energetiche e di sicurezza del prodotto) l’Unione Europea debba compiere un salto di qualità.

Avere un quadro di riferimento chiaro è ancora più imprescindibile per il nostro settore dove, purtroppo, le emozioni spesso dettano le priorità e i pareri scientifici restano inascoltati.

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La partecipazione oggi in Assemblea del Presidente del Parlamento europeo, al di là del rapporto personale che ci lega da molti anni, è per noi un onore.

La presenza di un italiano molto stimato a Bruxelles alla massima carica democratica dell’UE è garanzia di attenzione e ascolto.

Ringrazio gli eurodeputati che oggi, ancora una volta, sono qui con noi, per il loro continuo impegno e per l’attenzione: condividiamo con loro la consapevolezza che sia necessaria una maggior presenza a Bruxelles, dove oramai viene elaborata la gran parte della legislazione di nostro interesse.

La Commissione e il Parlamento europei saranno a breve rinnovati. Abbiamo l’esigenza che nelle elezioni del maggio 2019 vengano eletti deputati che siano presenti con continuità a Bruxelles, anche per più legislature, perché solo così, come avviene negli altri Stati membri, si possono rappresentare bene gli interessi del nostro Paese.

Per Federchimica e, ancor più per l’Italia, la politica comunitaria è politica interna, non è politica estera.

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In questo momento particolare nel quale tutti discutono di tutto, vi parlerò di quattro argomenti su cui, però, la Chimica e Federchimica hanno autorevolezza ed esperienza.

Un tema che ci sta particolarmente a cuore e che sento il dovere di approfondire oggi è quello del Principio di Precauzione.

C’è il grande rischio che in Europa, e ancor più in Italia, il Principio di Precauzione venga utilizzato a sproposito, in particolare per dimostrare di essere “dalla parte della gente” e non subalterni all’industria.

Per semplificare, il Principio di Precauzione applica il detto “prevenire è meglio che curare”; un principio valido, ma da applicare  solo quando, dopo una valutazione scientifica, emergano ragionevoli motivi per ritenere che vi possano essere effetti potenzialmente dannosi sulla salute umana e sull’ambiente, o quando una valutazione scientifica non consenta di individuare, con chiarezza, il danno e le appropriate misure di gestione che potrebbero prevenirne l’effetto.

Se prendiamo in considerazione alcuni recenti atti normativi approvati dalle Istituzioni europee, è facile notare come molti emendamenti (purtroppo approvati) non tengano alcun conto dei pareri scientifici dati dalle Agenzie comunitarie, come l’ECHA per la Chimica o l’EFSA per l’Alimentare. 

Deve cessare questo rigurgito anti-scienza, che spesso si declina con misure quasi irresponsabili, come quelle assunte sugli OGM o sugli agrofarmaci e su molti altri nostri prodotti.

I rigorosi processi stabiliti dalle norme europee devono tutelare non solo la salute e l’ambiente, ma anche le imprese che hanno investito ingenti risorse per rispettarli e per dimostrare la sicurezza e la validità dei loro prodotti.

E’ interesse di tutti mantenere la manifattura in Europa e non spostarla in aree dove sicurezza, salute e ambiente sono meno tutelati.

L’Unione europea si è dotata negli anni della normativa chimica più restrittiva al mondo ed è bene che anche i cittadini ne siano consapevoli.

In questo senso, non solo le imprese e le Istituzioni europee, ma anche gli Stati Membri hanno delle responsabilità.

 

Negli ultimi anni sono aumentati i casi in cui i Paesi Membri si sono mossi autonomamente, talvolta in contrapposizione con le norme europee da loro stessi approvate, o hanno evitato di esporsi politicamente su temi sensibili per l’opinione pubblica, lasciando alle Istituzioni europee l’onere della decisione finale.

Questo antico fenomeno dello scaricabarile è irresponsabile e mina, a lungo termine, le fondamenta dell’Unione europea.

E’ quindi importante che si esca, al più presto, da questa situazione pericolosa per la ricerca scientifica e per le decisioni politiche che su di essa dovrebbero basarsi.

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Parliamo ora di Sostenibilità.

Cosa abbiamo imparato dalla nostra lunga esperienza?

Il modo migliore per superare la diffidenza e per ricercare, in modo costruttivo, soluzioni ai problemi è dialogare con tutti gli interlocutori e aprire le nostre imprese alle comunità.

Le soluzioni non sono mai semplici, perché richiedono il giusto equilibrio tra la dimensione economica, sociale e ambientale.

Senza crescita economica non si hanno le risorse per proteggere i più deboli, né per proteggere l’ambiente.

Per questo motivo, la competitività dovrebbe essere considerata da tutti come un valore sociale da difendere, perché è certamente giusto redistribuire la ricchezza, ma prima è necessario produrla.

Infine, abbiamo imparato che Scienza e Tecnologia possono aiutarci ad individuare soluzioni a problemi altrimenti irrisolvibili (pensiamo ai cambiamenti climatici).

 

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La necessità di un approccio equilibrato alla Sostenibilità è ben sottolineato dalle Nazioni Unite nella Risoluzione adottata nel 2015 con la quale hanno coinvolto i Governi nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, individuando 17 obiettivi irrinunciabili.

Nel documento dell’ONU emerge chiaramente la necessità che ai tre “pilastri” della Sostenibilità (quello sociale, quello ambientale e quello economico) si debba affiancarne un altro, il pilastro delle Istituzioni: da un lato perché hanno un ruolo diretto su molti obiettivi indicati dalle Nazioni Unite, dall’altro e soprattutto, perché ad esse è affidato proprio il compito, molto difficile, di far sì che i tre pilastri si sostengano a vicenda.

Il REACH, che è la regolamentazione più complessa promossa a livello europeo e la cui gestazione e applicazione è durata quasi vent’anni, è proprio un banco di prova di una gestione equilibrata della Sostenibilità.

In particolare, proprio perché molti aspetti della competitività delle imprese dipendono da fattori esterni, sui quali le stesse poco o nulla possono fare, sui temi della Sostenibilità assumono grande importanza i Corpi Intermedi (come le Associazioni industriali).

I loro obiettivi devono essere quelli di tutelare gli interessi e di coinvolgere i propri referenti sui temi della Sostenibilità (ad esempio con iniziative volontarie, con azioni formative, con modelli di gestione della responsabilità sociale) e di collaborare proattivamente con le Istituzioni, soprattutto nella definizione delle norme e nella loro applicazione.

La Sostenibilità vera, quella che crea, mantiene e manterrà il benessere diffuso, ha bisogno di industria, soprattutto di quella difficile da realizzare, difficile da imitare, basata sulla scienza e sulla tecnologia, su impianti complessi e sicuri, su risorse umane qualificate e continuamente formate.

Per questo Chimica e Sostenibilità sono un binomio ben riuscito!

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Un tema sul quale il nostro Paese ha urgente bisogno di risposte e per il quale l’industria chimica e Federchimica hanno esperienza e capacità propositiva è quello della Semplificazione normativa e burocratica.

Permettetemi di fare una battuta: la “burocrazia” è un mostro anche da un punto di vista etimologico.

Una parola che è l’insieme di un termine di origine francese “bureau”, ufficio, e uno di origine greca “kratos”, potere.  

La valenza infausta è insita nel nome stesso.

Ogni anno, da troppo tempo, richiamiamo l’attenzione su questa battaglia che per le imprese ha un valore strategico fondamentale.

Certo, non possiamo mancare di evidenziare i progressi fatti negli ultimi anni.

Ricordiamo sempre, con vero piacere, il caso di eccellenza rappresentato dall’INAIL e la concreta collaborazione che il suo Presidente continuamente ci dimostra nei fatti.

Il nostro settore – anche se troppo pochi opinion leader lo sanno – è, secondo le statistiche dell’INAIL, tra i più virtuosi sia per gli incidenti, sia per le malattie professionali.

 

Gli interventi di semplificazione burocratica, se non accompagnati da un cambio di mentalità da parte di alcuni funzionari pubblici nel loro relazionarsi con le imprese, rischiano di essere vanificati.

In altri Paesi in pochi mesi si ottiene l’autorizzazione per un nuovo impianto chimico, in Italia questo processo richiede anni, in molti casi lustri.

Anche il rinnovo delle autorizzazioni non è una procedura facile: in Lombardia le imprese del settore hanno segnalato un tempo medio per ottenere il rinnovo dell’Autorizzazione Integrata Ambientale di circa due anni e mezzo e si arriva a casi in cui il procedimento per il rinnovo si protrae oltre i 4 o 5 anni (procedimento per il quale la normativa prevede la conclusione al massimo entro 240 giorni).

Sia ben chiaro: non vogliamo meno controlli, li vogliamo solo più efficienti, coordinati e uniformi su scala nazionale; non vogliamo oneri tariffari più bassi per i processi di autorizzazione, ma vogliamo tempi certi; non vogliamo una Pubblica Amministrazione assente e lontana, la vogliamo che conosca i nostri stabilimenti e partecipe di uno sviluppo che fa il bene di tutti.

Soprattutto vogliamo una Pubblica Amministrazione competente e autorevole, capace di affiancare con passione le nostre progettualità, capace di riconoscere e premiare l’impegno degli imprenditori seri (la maggior parte) e correggere e sanzionare quelli meno seri (fortunatamente pochi).

Una Pubblica Amministrazione autorevole che sappia portare con forza l’interesse del nostro Paese anche sui tavoli comunitari.

 

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C’è un tema che sta particolarmente a cuore a noi che viviamo in un’Industria, la Chimica, che ha lo stesso nome di una Scienza.

Conoscenza scientifica e cultura industriale sono strettamente legate: la diffidenza nei confronti dei nostri processi produttivi e dei prodotti chimici ha facilmente attecchito in un Paese come il nostro non sempre attrezzato quando si parla di scienza.

Soffriamo un pregiudizio negativo che viene da lontano e che purtroppo nemmeno l’evidente contributo dei nostri prodotti alla qualità della vita riesce a far superare.

Così diventa facile attaccarci, rappresentando le nostre attività e i nostri prodotti con accentuata drammatizzazione e allarmismo ingiustificato.

Paradossalmente, l’immensa mole di informazioni che la Rete mette a disposizione di tutti, rendendo accessibile ogni forma di sapere senza intermediazioni, invece che avvantaggiarci, ci penalizza, su due fronti.

Il primo, e più preoccupante, è che la semplificazione, propria della cultura di internet, rischia di far assumere decisioni semplicistiche che, invece di risolvere i problemi, li ingigantiscono.

Il secondo aspetto del problema è che il linguaggio del web, che tende a semplificare contenuti complessi, è ideale per veicolare i falsi miti di cui siamo vittime.

Penso di poter affermare senza tema di smentita che l’industria chimica sia tra i bersagli preferiti delle cosiddette fake news, ben da prima che il fenomeno diventasse di grande attualità, tanto è vero che ne avevo già parlato nella mia Relazione all’Assemblea di un anno fa.

Invece, diventa sempre più vero che vivere senza chimica è impossibile.Fatico a comprendere il sentimento di nostalgia di un passato in cui le condizioni di vita erano estremamente precarie, le distanze tra i popoli erano incolmabili, l’uomo doveva farsi carico di svolgere lavori faticosissimi che oggi deleghiamo totalmente alla tecnologia e si viveva molto meno.

La rappresentazione dei bei tempi andati è sempre affascinante.

Tentare di contrastare questo richiamo, affermando il ruolo della Chimica nel progresso non è cosa facile e immediata.

Il terreno di confronto è sempre più il web con linguaggi nuovi, più facilmente comprensibili, mantenendo, però, il rigore scientifico necessario.

Vogliamo sensibilizzare l’opinione pubblica a diffidare dei contenuti urlati, allarmistici e di approfondire il messaggio e analizzare la fonte che lo diffonde.

Chiediamo che le Autorità incaricate di legiferare e controllare siano al nostro fianco per presentare e sostenere un Paese in cui le imprese rispettano le regole, spesso severe, e dove le Istituzioni sono presenti per far sì che tali regole siano rispettate da tutti.

Questo a tutela dei cittadini, ma anche delle imprese che operano nella piena legalità.

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La qualità delle nostre Relazioni industriali è certamente un fattore che ha aiutato e dovrà aiutare il settore nei cambiamenti che ci aspettano.

Per le imprese di Federchimica, il sistema delle Relazioni industriali è, e deve essere, un fattore di competitività.

Lo è perché garantisce al settore pace sociale e un clima utile ad un costruttivo confronto, sia a livello nazionale sia a livello aziendale, fondamentale per indirizzare e governare il cambiamento e cogliere, in modo innovativo e adeguato, le esigenze delle imprese e dei lavoratori. Rispetto reciproco, credibilità, affidabilità, responsabilità, coerenza, pragmatismo, capacità di ascolto e dialogo continuo sono sempre state le sue caratteristiche vincenti.

Queste caratteristiche, negli anni, hanno portato significativi risultati anche attraverso innovazioni non sempre da tutti condivise al di fuori del settore, ma quasi sempre poi imitate.

Voglio sottolineare il ruolo del nostro Contratto sui temi della Responsabilità sociale e del Welfare e in particolare quello sul versante della Sicurezza, un ambito nel quale l’impegno continuo realizzato dalle Parti sociali ha consolidato nel settore, nelle imprese e nei lavoratori una cultura che ha portato ad una normativa innovativa e spesso presa a riferimento anche dalle norme di legge e ha contribuito alle ottime performance del settore per quanto riguarda infortuni e malattie professionali, che già prima ho ricordato.Nel nostro sistema il ruolo del CCNL è stato fondamentale e potrà certamente ancora esserlo, ma dovremo mantenere e, se possibile, rafforzare la sua credibilità, la sua conoscenza, la sua esigibilità, la sua autorevolezza, la sua capacità di essere uno strumento utile.

Dovrà contribuire a cogliere gli obiettivi centrali richiamati nel Patto per la fabbrica condiviso a livello confederale: produttività, crescita, occupazione, sviluppo sostenibile; sono già una realtà per Federchimica che possono, però, essere ulteriormente potenziati.

 

Ci aspetta un appuntamento importante: il rinnovo del CCNL.

Mi auguro che riusciremo a dimostrare, anche in questa occasione, la capacità delle nostre relazioni industriali di trovare mediazioni equilibrate nell’interesse delle imprese e dei lavoratori.

Le Organizzazioni sindacali, che ringrazio della loro presenza, sanno sicuramente che il modo migliore per rafforzare il ruolo degli attori sociali e della contrattazione è solo uno: fare bene il nostro mestiere!

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L’industria chimica rappresenta oggi una delle punte avanzate del Made in Italy.

Le statistiche sulle sofferenze bancarie ci pongono di gran lunga come il settore più virtuoso, anche se mostrano le difficoltà che le nostre imprese hanno con i propri clienti.

L’ISTAT pone la Chimica tra i primi tre settori del suo Indice di Competitività, costruito sulla capacità di crescita nel medio periodo nel mercato globale, cioè per la capacità di offrire occupazione di qualità.

Questi risultati nascono dal cambiamento: tanti laureati tra i neoassunti, ormai quasi il 30%, ben 10 punti più della media nazionale, innovazione sempre più basata su ricerca e sempre più diffusa anche tra moltissime medie e piccole imprese, tanta, tantissima formazione in azienda per dare centralità alle risorse umane, orientamento al mercato globale, con risultati delle nostre esportazioni anche migliori della media europea.

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La nostra esperienza ci dice che per cambiare ci vuole tanto impegno e capacità imprenditoriale, ma ci vuole anche un sistema pubblico che favorisca il cambiamento, non lo ostacoli.

Un libro di Daron Acemoglu e James Robinson (Perché le nazioni falliscono) dimostra che gran parte delle differenze tra Paesi nel livello di prosperità è spiegato dalle differenze nelle Istituzioni.

Come Chimica lo sappiamo purtroppo benissimo.

L’Italia ha bisogno di un ambientalismo del sì e non di un ambientalismo del no, di Istituzioni che sappiano dire tanti sì e non sappiano dire solo no.

Perché la Sostenibilità vera si costruisce con fatica, con l’impegno delle Istituzioni e delle imprese, con investimenti complessi che danno ritorni nel lungo periodo e che hanno bisogno di tempi brevi e certi per essere realizzati.

 

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Lasciatemi concludere con un augurio di buon lavoro al nuovo Governo e al nuovo Parlamento.

Proprio perché il ruolo delle Istituzioni nella ricerca del bene comune è quello di conciliare il più possibile l’interesse individuale e l’interesse collettivo, Federchimica offre a loro l’impegno e le competenze sue e delle sue imprese per raggiungere obiettivi concreti e sostenibili.

La situazione è difficile e il futuro denso di cambiamenti; è necessario affrontarli con uno sforzo comune, valorizzando quello che ognuno può dare e io sono convinto che il nostro sistema può dare molto al Paese.

 

www.federchimica.it

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