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Le sfide future del Continuous Manufacturing

L’applicazione del Continuous Manufacturing potrà offrire quali reali opportunità che per le aziende farmaceutiche: Alcune stanno agendo per sviluppare le capacità e le partnership necessarie a sfruttare i vantaggi di operazioni più efficienti, affidabili e scalabili. Ne abbiamo parlato Guia Bertuzzi, former VicePresident di ISPE Italy e Product Manager di IMA Active.

di A.Gobbi

La produzione di farmaci non è cambiata molto negli ultimi 50 anni. A causa dell’alta redditività e delle barriere normative, le aziende farmaceutiche non sono particolarmente inclini all’introduzione di cambiamenti nella produzione. Generalmente le aziende applicano approcci tradizionali a batch, con fasi di processo separate durante la produzione  –  dalla miscelazione delle materie prime alla formulazione fino al confezionamento del prodotto finale  - e a ogni step eseguono i relativi  controlli di qualità. Questo metodo soddisfa i requisiti normativi, ma le interruzioni e i tempi morti tra i singoli passaggi possono causare inefficienze e prolungare considerevolmente il tempo di produzione, con un rischio crescente di errori.

Al contrario, la produzione continua (Continuous Manufacturing) utilizza sensori e analisi in linea per misurare le proprietà fisiche e chimiche critiche e valutare le condizioni di produzione in tempo reale. Ciò consente un flusso ininterrotto attraverso più fasi di produzione, con conseguente riduzione dei costi, della manodopera, delle deviazioni e del tempo dedicato al controllo qualità.

 

La linea guida ICH Q13

La ICH (International Council for Harmonisation) ha pubblicato recentemente annunciato in linea guida sul Continuous Manufacturing denominata ICH Q13, con l’obiettivo di supportare l’introduzione della produzione continua nell’industria farmaceutica. La stessa FDA incoraggia le organizzazioni farmaceutiche ad implementare i concetti di produzione continua e alcune aziende hanno già cominciato a farlo. L’intervento ICH faciliterebbe l’armonizzazione internazionale e potrebbe ridurre gli ostacoli all’adozione della produzione continua. Per favorire l’armonizzazione, l’ICH Q13 includerà molte definizioni come: startup/shutdown, process validation, continuous process verification, etc. Per lo sviluppo del nuovo ICH Q13, in cui vengono definite anche le strategie di controllo e di convalida, sono previsti almeno tre anni.

Il Continuous Manufacturing rappresenta una sfida futura per il settore farmaceutico. Una trasformazione di tale portata richiederà anche mosse strategiche. Le aziende farmaceutiche dovrebbero agire sin da ora per sviluppare le capacità e le partnership necessarie a sfruttare i vantaggi di operazioni più efficienti, affidabili e scalabili.

Per capire meglio quali sono le reali opportunità che si aprono per le nostre aziende farmaceutiche (e non solo) legate all’applicazione del Continuous Manufacturing, abbiamo rivolto alcune domane a Guia Bertuzzi, former VicePresident di ISPE Italy e Product Manager di IMA Active.

 

In che cosa consiste il Continuous Manufacturing a livello operativo nella produzione di un farmaco finito e/o di un intermedio farmaceutico?

Il Continuous Manufacturing è un metodo di produzione che consente un ulteriore passo in avanti nel conseguire gli attuali obiettivi dell’industria farmaceutica. La produzione di farmaci negli ultimi anni è cambiata molto, per ottemperare alle normative sempre più attente al raggiungimento della qualità totale, per mantenere l’efficienza della produzione elevata con costi ridotti.

Il metodo di produzione convenzionale è a batch, con fasi di processo separate tra loro; i campionamenti e controlli sono quasi sempre effettuati off-line così come il trasferimento dei materiali tra uno step di processo e l’altro deve essere gestito, con conseguente necessità di spazi e tempi di attesa significativi che servono per comprovare la conformità del prodotto ogni volta.

Continuous Manufacturing vuol dire combinare in serie le diverse tecnologie produttive, consentendo un flusso ininterrotto del materiale, dalle materie prime alla forma farmaceutica finita. Il processo è in questo modo tenuto costantemente controllato in tempo reale grazie a strumentazione e filosofia di controllo (PAT) di ultima generazione così da ottenere un prodotto sempre conforme.

 

Perché l’utilizzo di questa tecnologia può rappresentare un’opportunità di sviluppo per i produttori di farmaci nell’assicurare la disponibilità e la qualità totale dei medicinali?

Il primo punto a favore del Continuous Manufacturing, a mio parere è il legame con standard di qualità elevata e la correlazione con il concetto di Quality by Design (QbD). Questo va a vantaggio sia di chi assume il farmaco e dell’azienda che lo produce. Gli stessi enti regolatori, prima fra tutti FDA, ormai appoggiano il passaggio a Continuous Manufacturing e considerano anche altre “emerging technologies” che possano favorire il conseguimento della qualità totale.

La strategia di controllo in caso di Continuous Manufacturing è molto più accurata, si basa su concetti di “process understanding” e “continuous learning”, prevede l’utilizzo di modellazione di processo, possibilità di analisi in tempo reale dei parametri critici e gestione di eventuali scarti, comunque inferiori, rispetto a scartare un intero lotto. Tutto questo prevede sì un maggior impegno iniziale durante la progettazione della produzione del farmaco, ma poi in fase di produzione si apprezza una riduzione dei costi.

La riduzione dei costi è indubbiamente un altro grande vantaggio del Continuous Manufacturing grazie alla notevole diminuzione degli spazi dell’impianto, dei tempi di produzione, del tempo dedicato ai controlli. Ma non solo: la logica di produzione continua permette una maggiore flessibilità sui quantitativi da produrre, offrendo una migliore gestione dello stoccaggio e riducendo quindi anche il rischio di drug shortage.

È infatti possibile produrre quantità variabili di farmaco utilizzando lo stesso impianto in continuo, senza necessità di studi ed attività per il passaggio di scala. Nel caso di nuovi farmaci poi c’è l’ulteriore vantaggio di riuscire a ridurre i tempi per entrare sul mercato, in quanto si riducono i tempi di sviluppo e di industrializzazione.

 

Per favorire l’armonizzazione internazionale e ridurre gli ostacoli all’adozione della produzione continua, la linea guida ICH Q13 includerà anche molte nuove definizioni (startup/shutdown, process validation, continuous process verification, etc. ) Quali sono i fattori fondamentali da considerare nella progettazione , nella gestione e controllo e nella validazione di un impianto di questo tipo?

La nuova linea guida sarà rilasciata entro i prossimi tre anni, offrirà definizioni chiave, principi scientifici e aspettative regolatorie per la produzione continua nell’industria farmaceutica ormai riconosciuta per avere grande potenziale in termini di efficienza e flessibilità. Anche se il concetto di produzione continua è relativamente nuovo nell’industria farmaceutica, ICH pensa che industria, FDA e le altre agenzie abbiano abbastanza conoscenze a loro disposizione per poterla implementare, utilizzando anche le conoscenze derivate dall’esperienza in altri settori come alimentare e petrolchimico. Nel nuovo ICH Q13 si ritroveranno armonizzati i requisiti tecnici e scientifici necessari per soddisfare le aspettative regolatorie che saranno comunque allineate alle già esistenti ICH (ICH Q8, Q9, Q10 e Q12).

FDA ha invece pubblicato lo scorso febbraio la “Quality Considerations for Continuous Manufacturing” in cui si trovano non solo i concetti chiave riguardo alla dinamica di processo e la definizione di batch, ma si parla di control strategy, process validation, scale-up, stabilità e anche di come gestire il passaggio di una produzione esistente a batch in continuo.

Alla fine comunque credo sia fondamentale nell’ambito di un progetto del genere cogliere l’invito di FDA ad essere coinvolti già dalle fasi iniziali e che questo approccio rappresenti il cambiamento maggiore dal punto di vista regolatorio. In pratica la comunicazione con gli enti regolatori sarà maggiore, gli stessi enti dovranno strutturarsi per questo e per rispondere in tempi utili; così come diventa sempre più importante il ruolo delle associazioni come ISPE in cui si può discutere di best practices a tavoli prettamente tecnici, a cui partecipano tutti gli operatori del settore.

 

Quali sono le principali difficoltà che le aziende si trovano ad affrontare nel progettare una produzione in continuo, sia dal punto di vostra delle operations sia da quello regolatorio?

A questa domanda posso rispondere per il mio ruolo di fornitore di impianti di processo che osserva e ascolta le necessità delle aziende farmaceutiche.

Nel caso di Continuous Manufacturing l’investimento iniziale per un’azienda farmaceutica non consiste solo nell’acquisto dei macchinari da combinare in serie, ma prevede anche un’automazione con maggior livello di integrazione tra le varie tecnologie dell’impianto continuo, fortemente orientata alla digitalizzazione. Comunque perché la logica del Continuous Manufacturing sia applicabile con successo, non si deve dimenticare di accrescere e diversificare le competenze del personale, e prevedendo gruppi di lavoro con interazioni forti tra le varie discipline (formulatori, chimici, fisici ingegneri di processo, statistici). Si deve stare anche attenti anche all’evoluzione dell’aspetto regolatorio in cui la discussione è ancora molto aperta, frequentando tavoli di studio come quelli offerti dalle associazioni di settore come ISPE.

Ed è proprio su questi aspetti che siamo lavorando, come fornitori, con un gruppo multidisciplinare che segue la progettazione di queste tecnologie, al fine di facilitare il più possibile l’avvicinamento dei nostri clienti a questa nuova modalità di produzione.

 

Il numero di impianti progettati per operare in Continuous Manufacturing è in crescita. Quale sviluppo è previsto nei prossimi anni in Italia e nel mondo?

Attualmente sono pochi i farmaci solidi prodotti per CM con approvazione FDA, ma adesso che la strada è stata tracciata si prevede che aumentino rapidamente.

Fino ad ora le grandi multinazionali farmaceutiche stanno introducendo il Continuous Manufacturing nei loro stabilimenti (Janssen, Lilly, Merck, Pfizer, Vertex, GSK ecc), ma il segnale più significativo è anche dato dall’avvicinamento di alcuni tra i maggiori CMO come ad esempio Patheon, Hovione.

Secondo gli ultimi dati del gruppo ETT (Emerging Technologies Team) della FDA forniti quest’anno alla conferenza annuale della IFPAC (International Foundation Process Analytical Chemistry), il Continuous Manufacturing sarà la prima tra le emerging tecnologies a prendere piede; seguono 3D printing, personalized medicine manufacturing, big data e artificial intelligence.

 

ISPE ha creato una Community of Practice internazionale, coinvolgendo i principali protagonisti coinvolti in questa trasformazione. Avete raccolto esperienze interessanti? Quali sono i suoi obiettivi futuri?

La ISPE Community of Practice è un gruppo di lavoro internazionale che opera nell’ambito delle piattaforme di produzione in continuo per i farmaci in forma solida. L’iniziativa è nata due anni fa da un nucleo di 14 aziende farmaceutiche, 5 università, 3 società di ingegneria e 9 vendors che si confrontano in ambito tecnico, condividendo le proprie conoscenze, strategie ed esperienze pratiche incentrate sull’ingegneria del Continuous Manufacturing.

Il gruppo di lavoro di ISPE non opera solo per fornire soluzioni tecniche e operative, ma si è dato l’obiettivo più alto di partecipare attivamente all’armonizzazione delle logiche che orienteranno il futuro del Continuous Manufacturing, utilizzando il dialogo aperto con gli enti regolatori, FDA in primis, che contraddistingue da sempre l’attività dell’associazione.

www.ispeitaly.it

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