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Tutela della biodiversità nella produzione di principi attivi derivati dalle piante

 

La tutela della biodiversità e condivisione degli utili derivanti dallo sfruttamento di risorse genetiche sono obiettivi primari per lo sviluppo sostenibile. Per affrontare questa materia, ci siamo rivolti a Indena, società fortemente coinvolta nella ricerca di risorse genetiche originali.

 

di Gabriele Modini

Indena è una società leader a livello mondiale per l’identificazione, lo sviluppo e la produzione di principi attivi derivati dalle piante, per uso nell’industria farmaceutica, alimentare e cosmetica. L’azienda produce estratti standardizzati da piante commestibili che sono tradizionalmente riconosciuti come aventi proprietà terapeutiche, nonché da piante con un valore farmacologico provato. Indena è particolarmente attenta ai principi vegetali che hanno proprietà antiossidanti e prevengono i danni causati dai radicali liberi. L’attività più importante riguarda la produzione di antitumorali di semisintesi, che derivano da estratti vegetali. Ad esempio, il prodotto antitumorale d’eccellenza (PACLITAXEL) deriva da una pianta denominata taxus baccata.

 

Indena: storia e dati principali attuali

Nel 1921 Carlo Boccaccio Inverni iniziò a produrre estratti da piante medicinali per farmacisti e per la nascente industria farmaceutica italiana. Negli Anni 50 fu creata una nuova divisione farmaceutica per la produzione e commercializzazione di preparati, derivanti da estratti botanici. Nel 1969 venne realizzato a Settala, vicino a Milano, un sito operativo per la produzione di estratti e molecole pure, come pure per ricerca e sviluppo. Nei primi Anni 80 la società venne riorganizzata ed assunse la denominazione Indena SpA. Negli Anni 90 Indena (INdustria DErivati NAturali), già presente sui mercati mondiali con un network commerciale e di proprie coltivazioni, aprì nuovi impianti produttivi (Francia e India) ed ampliò la struttura commerciale. Nel 1995 il settore prodotti finiti fu ceduto a Sanofi-Aventis. In azienda è rimasta la produzione di ingredienti.

Ad oggi Indena produce ingredienti farmaceutici, alimentari, cosmetici ed altri destinati a mercati di nicchia. I dati principali attuali recitano: forza lavoro: 800 (di cui il 10% è dedicato alla ricerca a tempo pieno); vendite: in più di 70 Paesi; il fatturato è di circa € 300 milioni. A testimoniare l’eccellenza della ricerca, Indena vanta più di 120 brevetti primari. Sono 5 le sedi operative all’estero: Parigi, San Paolo (Brasile), Seattle (USA), Shanghai, Tokyo.

 La forza della società sta nel proprio expertise: botanico, produttivo e di ricerca.

  • Botanico: fondamentale, perché i derivati botanici sono pluricomposti, quindi più complessi dei prodotti di sintesi. Quando vengono introdotti nell’organismo umano è più complesso gestirli.
  • Expertise produttivo, gestito in accordo ai criteri base della produzione di API (GMP). La parte farmaceutica dell’azienda è focalizzata principalmente sui farmaci anti-cancro, che sono prodotti secondo gli standard US-FDA, ICH e UE.
  • Il controllo, secondo le procedure HACCP (Hazard Analysis and Crytical Control Points), è in accordo a quanto previsto dalla Autorità regolatrici europee e mondiali, quali FDA, AIFA e la francese ANSM. La ricerca – chiave del successo di Indena – copre lo screening di piante medicinali per: l’identificazione di nuovi principi attivi; lo sviluppo di sistemi di estrazione e purificazione all’avanguardia.

Indena collabora con università e istituti di ricerca privati prestigiosi nella valutazione della sicurezza e dell’efficacia dei suoi prodotti fino alla fase I / II clinica. Essa si basa sulle tradizioni farmacologiche dei vari Paesi da cui derivano gli estratti vegetali, cercando di capire perché funzionano, e andando ad isolare i principi attivi dell’azione terapeutica.

 

Il caso della curcuma

Esempio base: la curcuma, prodotto tradizionale dell’alimentazione indiana, che possiede buona capacità antiossidante e di mantenere l’individuo in salute dal punto di vista osteoarticolare. Esempio, il recupero della capacità fisica dopo l’attività sportiva, quando il corpo sviluppa un’attività infiammatoria di tipo benefico che serve a riportare la muscolatura alla piena efficienza (smaltimento dell’acido lattico).

La curcuma può accelerare questo processo di recupero. Problema: i principi attivi di origine naturale vengono assorbiti assai poco dall’organismo. La curcuma ne è un esempio perfetto. Indena ha scoperto un metodo che ne migliora fortemente il livello di assorbimento, tramite l’aggiunta di una matrice lipidica. Nel processo produttivo, tramite legami deboli, l’estratto viene legato alla matrice lipidica. Il legame si scinde quando il composto arriva nello stomaco. Nel flusso ematico arriva solo l’estratto. Qui si apre una nuova problematica: l’aumentato assorbimento potrebbe portare a superare i livelli benefici consentiti. Occorre quindi investigare il profilo tossicologico.

Indena ottiene le materie prime sia per mezzo di coltivazioni che attraverso la raccolta spontanea. Sostenuta da oltre 90 anni di esperienza botanica, Indena ha sviluppato una rete di piantagioni, gestita da esperti, per fornire i suoi centri di ricerca e produzione con piante officinali, garantendo nel contempo la biodiversità e la protezione dell’ecosistema dalla raccolta incontrollata.

Oggi oltre il 60% della materia prima utilizzata nella produzione proviene da coltivazioni. Il resto deriva dalla raccolta, perché alcune specie non possono essere coltivate. Esempio tipico, un tipo di mirtillo rosso, che cresce soprattutto nei Paesi nordici, ed è assai interessante poiché il suo principio attivo viene assorbito bene dall’organismo.

 

Diffusione della cultura fitoterapica

Indena è molto attiva nel campo della sostenibilità e della protezione dell’ambiente; in ambito nazionale aderisce all’iniziativa di Federchimica Responsible Care.

Indena è attiva nel promuovere la cultura nel suo campo di attività; Ha fondato nel 1924 la rivista Fitoterapia, pubblicazione fondamentale nel suo campo, attualmente distribuita da Elsevier. Ha pubblicato libri e monografie sulle piante medicinali; sponsorizza corsi di Master nella fitoterapia e offre stage presso le proprie strutture operative.

 

Risorse genetiche: il Protocollo di Nagoya

Per risorsa genetica si intende tutto ciò che viene prodotto dalla natura, animali o piante. Il Protocollo di Nagoya, adottato nell’ambito della Convenzione sulla Diversità Biologica (Convention on Biological Diversity – CBD), regola l’accesso alle risorse genetiche e la condivisione equa dei vantaggi derivanti dal loro utilizzo. Con il Protocollo di Nagoya si realizza il terzo obiettivo della CBD e si dà un importante contributo alla conservazione della biodiversità e all’utilizzo sostenibile di tutti gli elementi che la compongono.

Ecco quanto ci ha dichiarato Valerio Bombardelli, dell’Ufficio Legale di Indena: “Le risorse genetiche sono componenti importanti della diversità biologica. Contengono principi attivi innovativi per l’impiego nei medicinali, prodotti cosmetici, alimenti ecc.. . Il Protocollo contiene disposizioni che disciplinano sia l’accesso alle risorse genetiche sia l’equa ripartizione dei benefici derivanti dall’utilizzo di queste ultime. Un utilizzatore che vuole accedere a una risorsa genetica di un altro Paese (ad es. una pianta medicinale per studiarne il principio attivo oppure per produrre un farmaco) deve attenersi alla procedura d’accesso prevista nel Paese fornitore di quella risorsa. Inoltre, deve essere redatto un contratto che preveda l’equa condivisione tra utilizzatore e fornitore dei vantaggi derivanti dall’uso della risorsa in questione (ad es. profitti, tecnologie, conoscenze ecc.). Le risorse genetiche sono spesso associate a conoscenze tradizionali delle comunità indigene e locali. Pertanto alcune disposizioni del Protocollo regolano l’accesso a tali conoscenze e l’equa condivisione dei vantaggi procurati dal loro sfruttamento.

 

Gestione dell’attività

L’utilizzo di una risorsa genetica avviene in tre fasi:

  • accesso alla risorsa;
  • condivisione dei benefici
  • controllo sul suo utilizzo.

Il 9 giugno 2014, è entrato in vigore il Regolamento (UE) n.511/2014 “sulle misure di conformità per gli utilizzatori risultanti dal protocollo di Nagoya relativo all’accesso alle risorse genetiche e alla giusta ed equa ripartizione dei benefici derivanti dalla loro utilizzazione nell’Unione”.

Il Regolamento ha la finalità di attuare in modo uniforme nel territorio europeo il Protocollo di Nagoya sull’accesso alle risorse genetiche e sulla giusta ed equa condivisione dei benefici derivanti dal loro utilizzo, obbligando gli Stati parte a definire norme per garantire che gli utilizzatori rispettino le norme sull’accesso dei Paesi fornitori. Il Regolamento definisce “utilizzo” qualsiasi attività di ricerca e sviluppo sulla composizione genetica e/o biochimica delle risorse genetiche, anche attraverso l’applicazione della biotecnologia”.

Dal lato dei Paesi fornitori di risorse genetiche, alcuni: India, Sud Africa, Paesi dell’America Latina, si sono dotati di una legislazione che regola l’accesso alle loro risorse genetiche. Il Brasile: non è firmatario del Protocollo, ma ha comunque una legislazione sull’accesso alle proprie risorse genetiche. In totale più di 50 Paesi hanno firmato il Protocollo, altri lo stanno facendo. Grande assente, gli USA. La CE non ha legiferato sull’accesso alle proprie risorse genetiche, ma lo fatto per il controllo sull’utilizzo delle risorse europee ed extra europee.

I Paesi europei dovevano predisporre il regime sanzionatorio e legiferare in merito alle proprie risorse genetiche L’hanno fatto solo Francia e Spagna. L’Italia è in ritardo per difficoltà di coordinamento tra i ministeri coinvolti: soprattutto Ambiente e Ricerca e in misura inferiore Agricoltura. Comunque, poiché la CE sta per attuare la procedura di infrazione, è probabile che entro l’anno anche l’Italia si metta in regola.  

 

Gestione della documentazione

Dovrebbe essere creato un Registro delle Collezioni di Risorse Genetiche con lo scopo di facilitare l’adempimento degli obblighi da parte degli utilizzatori. Importante poter documentare la provenienza delle risorse genetiche; in caso di incertezza la ricerca dovrebbe fermarsi ed i risultati non sarebbero utilizzabili, il che rappresenta un serio impedimento ad intraprendere un’iniziativa. In Italia, Federchimica sta operando per informare in dettaglio le aziende associate. Aziende europee hanno iniziato ad approvvigionarsi di risorse genetiche presso Paesi extracomunitarie; ad esempio in India. Esse devono dimostrare di aver ottemperato alla legge locale, emanata nel 2004, ed avere tutta la documentazione relativa. In pratica si tratta di: PIC e MAT; PIC (Prior Inform Consent), riguarda il rapporto con l’Autorità sovrana del Paese. MAT (Mutually Agreed Terms), è un vero e proprio contratto per la condivisione dei benefici, da stipulare con l’Autorità locale. I benefici possono essere anche non finanziari, come la realizzazione di infrastrutture.

Il possesso di PIC e MAT garantisce il rispetto delle normative del Paese di origine della risorsa genetica. Esiste un sito della Diversità Biologica che elenca i PIC e MAT concessi; si chiama International Certificate of Compliance. In linea di massima ICC viene concesso agli Istituti Accademici, che non sono interessati ad uno sfruttamento commerciale; meno a Enti commerciali. Le modalità di ottenimento di PIC e MAT variano da nazione a nazione.

Altro riferimento è la Convenzione di Washington sul Commercio internazionale delle specie di fauna e flora minacciate di estinzione, più comunemente conosciuta come CITES, un accordo internazionale tra Stati che ha lo scopo di proteggere piante ed animali a rischio di estinzione, regolando e monitorando il loro commercio.”

www.indena.com

 

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