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Ripartenza: come proteggere l’azienda dal rischio di lockdown chirurgico

A un problema complesso, che mette a rischio tutte le aziende nella continuità, nella produttività e perfino nella responsabilità penale dell’imprenditore, RGR offre soluzioni con un pool multidisciplinare di specialisti in area aziendale, organizzativa, legale e sindacale per un approccio strategico e integrato con assistenza di lunga durata.

Le aziende riaprono ma la guardia deve restare alta e le misure per prevenire la ripresa del contagio sono numerose e le aziende, grandi o piccole che siano, si trovano oggi di fronte al grande rischio di vedersi nuovamente imporre una chiusura mirata, il cosiddetto “lockdown chirurgico”, che semplificando al massimo potrebbe colpirle in tre casi:

  • a seguito di una ispezione ASL, se l’azienda non fosse in grado di produrre una inequivocabile dimostrazione materiale del rispetto dei protocolli di sicurezza sottoscritti per la riapertura (per esempio, se non fosse in grado di fornire le prove che tutti in azienda usano le mascherine o che mantengono le previste distanze sociali);
  • a seguito di un caso di infezione tra i dipendenti, se l’azienda non è in grado di perimetrare con precisione e con documentazione inequivocabile gli spostamenti e i contatti del dipendente risultato infetto all’interno dei locali dell’impresa nei giorni/settimane precedenti la comparsa dei sintomi;
  • a seguito di un caso di infezione di un visitatore occasionale, se l’azienda non fosse in grado di dimostrare con precisione e con documentazione inequivocabile gli spostamenti e i contatti del visitatore all’interno dell’azienda.

Il danno per l’azienda – Al verificarsi di uno di questi tre casi, il lockdown chirurgico ossia la chiusura precauzionale obbligata dell’azienda da parte delle autorità è il caso più probabile e costituisce una iattura addirittura peggiore del periodo di chiusura appena trascorso. Durante la quarantena generale infatti anche i concorrenti erano bloccati al pari dell’impresa e non potevano approfittare del suo stop; dopo la ripartenza però, con tutti i concorrenti attivi sul mercato e alla frenetica ricerca di clienti per recuperare i fatturati perduti, essere fermati significa perdere non singole vendite ma rapporti globali con clienti, senza contare il rischio della pessima pubblicità che deriverebbe se finisse su media online e giornali come possibile sede di un nuovo focolaio. 

Il danno per l’imprenditore – Sul datore di lavoro grava una posizione di garanzia per tutti i rischi connessi all’attività lavorativa o scaturenti da fattori esterni ed estranei al processo produttivo. Questo, nel malaugurato ma sempre possibile caso di un contagio intraziendale, esporrà il datore di lavoro alla contestazione di reati quali le lesioni colpose o, nel caso più grave, l’omicidio colposo se non potesse dimostrare in modo ineccepibile di essersi attivato in modo adeguato per eliminare o ridurre al massimo ogni rischio per i suoi dipendenti.

Cosa fare? La strategia migliore per l’imprenditore consiste di almeno due passaggi. Innanzitutto deve attivarsi per rendere i locali dell’azienda tali che il rischio di contagio intraziendale rientri nell’area del cosiddetto rischio consentito e poi deve fare in modo di poter provare che i provvedimenti presi hanno reale e continuativa attuazione. In pratica questo significa creare e mantenere i presupposti per una situazione in cui:

  • i lavoratori abbiano la garanzia di operare in un contesto con un livello di sicurezza quantomeno pari a quello esterno;
  • l’azienda possa inequivocabilmente dimostrare che questa sicurezza è effettivamente garantita

Se il punto finale è chiaro, arrivarci è però tutt’altro che semplice; non è sufficiente infatti il ricorso agli strumenti classici della gestione della sicurezza sul luogo di lavoro attraverso le ordinarie figure professionali a ciò preposte. Il rischio di contagio da Covid19 infatti è stato qualificato come un rischio biologico ambientale che coinvolge qualunque ambiente, lavorativo e non, che implichi la concentrazione di più persone. Si tratta quindi di un rischio esterno all’attività lavorativa, che muove da fattori esogeni rispetto all’azienda e non governabili dal datore di lavoro.

Il DVR? Va aggiornato! Dopo i primi momenti di incertezza si può dire oggi consolidato l’orientamento per cui, se il sistema di prevenzione nazionale ed aziendale formatosi nel tempo con l’assetto normativo operato dal D. Lgs 81/08 e s.m.i., offre la naturale infrastruttura per l’adozione di un approccio integrato alla valutazione e gestione del rischio connesso all’attuale emergenza pandemica (vedi documento tecnico INAIL 23.04.2020), la necessità di adottare una serie di azioni che vanno ad integrare il documento di valutazione dei rischi (DVR) atte a prevenire il rischio di infezione SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro non esaurisce però gli obblighi che al datore di lavoro derivano dalle normative nazionali e regionali specifiche in materia anti-contagio da COVID-19.

Attuare il Protocollo è fondamentale! Anche dopo aver aggiornato il DVR con la nuova classificazione del rischio anti-contagio, resta comunque in capo al datore di lavoro l’obbligo di uniformarsi alle condotte procedimentali che garantiscono in concreto di tutelare la salute dei propri dipendenti e di attivarsi per contenere il rischio da contagio. A tale riguardo il Governo, di concerto con le associazioni di categoria, ha dapprima sottoscritto in data 14 marzo 2020 un Protocollo recante la “regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID19 negli ambienti di lavoro non sanitario”, poi rivisto ed aggiornato nel Protocollo 24.04.2020, fornendo le nuove linee guida necessarie alla predisposizione delle misure atte a contenere il rischio epidemiologico. Sarà quindi necessario predisporre le misure necessarie a prevenire il rischio di contagio da Covid.19 così da tutelare la salute dei lavoratori e scongiurare possibili contestazioni di natura penale; garantendo comunque la produttività, le dinamiche aziendali e i diritti dei lavoratori. Non sarà generalmente semplice, dato che il Protocollo investe ambiti eterogenei che andranno regolamentati in modo diverso, bilanciando diritti ed esigenze della realtà aziendale; l’imprenditore che possa dimostrarne in modo certo l’adozione e il totale rispetto avrà però il notevole beneficio di essere esonerato, in ambito civilistico, dalla prova diabolica dell’aver fatto tutto quanto necessario a garantire la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro, così come richiesta dal già citato art. 2087 c.c..

Oltre il Protocollo – Tuttavia, se la concreta e specifica organizzazione aziendale lo richiede, l’imprenditore non può sottrarsi all’obbligo di adottare precauzioni perfino ulteriori. Questa condotta attiva non è di facile realizzazione e per di più procedure estremamente rigide che non tenessero conto delle specificità dell’azienda potrebbero risolversi in una sostanziale paralisi dell’attività e/o ledere i diritti dei lavoratori stabiliti nei contratti individuali e collettivi.

Procedure copia e incolla, protocolli fai da te? Ahi, ahi ahi… – La necessità di tracciare gli interventi attuati in azienda è stata richiamata anche dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro che in una nota ha fatto esplicito riferimento all’importanza di “formalizzare l’azione del datore di lavoro con atti che diano conto dell’attenzione posta al problema in termini di misure, comunque adottate e adottabili dal punto di vista tecnico, organizzativo e procedurale, nonché dei DPI ritenuti necessari, in attuazione delle indicazioni nazionali, regionali e locali delle istituzioni a ciò preposte”. Le criticità sono di tipo e complessità anche radicalmente diverse da azienda ad azienda e questo esclude ogni possibilità di

  • soluzioni imitative (“faccio come ha fatto lui”)
  • approcci superficiali (Regole e procedure? Sono affisse in bacheca, no?”)
  • avvalersi esclusivamente delle canoniche figure di riferimento per la sicurezza, che hanno competenze per la gestione ordinaria ma che non sono preparate alla gestione di situazioni di emergenza come questa.

Da RGR la soluzione – RGR, che dal 1996 offre soluzioni integrate di marketing strategico ad imprese italiane e internazionali, offre una soluzione basata su un approccio trasversale, che mette assieme una rete integrata di competenze professionali capaci di gestire assieme ambiti eterogenei come l’organizzazione dei flussi produttivi, la sicurezza dei luoghi di lavoro, il diritto del lavoro e la materia penale. “Il punto di forza di questa soluzione sta nella capacità dei nostri specialisti di interagire in modo costruttivo tra loro e con le imprese, mediando le varie e spesso contrastanti esigenze per arrivare a sintetizzare tutti i profili di interesse in un unico piano di interventi idoneo a coprire ogni aspetto della questione in modo fisiologico, limitando al massimo l’impatto sulla normale operatività di impresa e proteggendo sia la sua continuità operativa che la posizione giuridica dell’imprenditore” , spiega Leonardo Ristori, presidente di RGR.

Non solo: l’eccezionalità della situazione, l’assoluta assenza di precedenti e la continua produzione normativa fa sì che, anche dopo la predisposizione dei modelli, gli scenari possano ulteriormente cambiare. La soluzione scelta da RGR quindi include per l’imprenditore la continuità del supporto per 12 mesi senza ulteriori oneri, per tenere sotto controllo i più che probabili cambiamenti di scenario e ponderare al meglio le singole reazioni a fronte di una infinita casistica di possibilità.

I molti vantaggi – Un tale approccio, oltre alla prevenzione e al rispetto della normativa, assicura l’obiettivo di tener traccia e dare prova documentale della reale applicazione delle procedure, fondamentale ai fini difensivi in ambito civile e soprattutto penale. Un Protocollo cucito sulle peculiarità della singola azienda il cui rispetto sia garantito riduce infatti indubbiamente il rischio penale. Poter provare lo scrupoloso rispetto di un Protocollo ritagliato ad hoc sull’impresa è di notevole ostacolo sia per la procedura di sospensione obbligatoria dell’attività di impresa che per la costruzione di una contestazione penale rispetto alla quale la Pubblica Accusa, oltre a dimostrare che il contagio si sia verificato in occasione dello svolgimento dell’attività lavorativa avrebbe l’arduo onere di provare che lo stesso abbia avuto origine da una falla nella procedura adottata.

Le procedure predisposte dal pool proposto da RGR permetteranno inoltre di tracciare i contatti stretti avuti dai soggetti (dipendenti o esterni venuti in contatto con l’impresa) che risultassero eventualmente positivi al Covid19 e di circoscrivere la eventuale relativa quarantena disposta dalla Autorità Sanitaria, limitandola a quei contatti ed evitando una sua estensione all’intera azienda, che ne genererebbe una nuova paralisi ma soprattutto che la metterebbe in condizioni di impotenza di fronte all’attività dei concorrenti.

Liberarsi dal rischio di lockdown chirurgico è una necessità di assoluto rilievo a cui occorre dedicare estrema attenzione data l’elevata probabilità, anche solo per il numero dei soggetti asintomatici che a lungo saranno in circolazione, di venire in contatto con soggetti positivi che potrebbero trasformare l’impresa in un nuovo focolaio, con tutte le nefaste conseguenze del caso.

La strategia della multidisciplinarietà – La complessità del problema e il suo capillare investire gli ambienti più disparati richiede un approccio multidisciplinare; da qui la necessità del coinvolgimento integrato di più professionalità specializzate in diversi settori. “L’adeguamento dell’impresa al Protocollo, per tutelare la salute dei lavoratori e al tempo stesso fare da scudo all’imprenditore contro il rischio di una contestazione penale, deve avvenire per mezzo di procedure studiate in funzione della singola realtà aziendale interessata, creando modelli organizzativi ad hoc capaci di garantirne efficacia, rispetto e controllo e al tempo stesso rispettandone la produttività e l’efficienza dei processi”, sottolinea Leonardo Ristori, presidente di RGR, illustrando l’attività del pool di specialisti che affiancano le imprese in questo contesto.

Per informazioni: ristori@rgr.it

www.rgrcomunicazionemarketing.it

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